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In viaggio con Nico

Immaginatevi, partire da una collina ticinese e ritrovarsi nel profondo sud italiano, a un tiro di schioppo da Bari, con “vista” sul tacco.

Pensate al tragitto, la strada da percorrere.

È il cammino intrapreso, da Nicolò Isotta, talento di casa nostra.


Classe 2003, “figliol prodigo”, direbbe qualcuno, guardando all’albero genealogico. Dal quale le mele cadute non si sono poi allontanate di molto. Dici Isotta e pensi all’epica, alla famiglia, anche se qui di drammi ce ne sono pochi, e la storia narrata sinora lascia intravedere un lieto fine. Nonno, genitori, zio, quel che è certo è che il basket, Nicolò, avrebbe dovuto proprio rigettarlo per non finirci affascinato, attirato.


E invece:

“Mi ricordo ancora la vecchia Nosedo. Al mercoledì accompagnavo mia mamma Cinzia in palestra, lei allenava, io osservavo. Non ci ho messo molto a dirle che volevo iniziare anch’io, non avrò avuto che 5 anni”.


Uno sport, un luogo:

“A Massagno ci sono nato e cresciuto, in tutti i sensi, e nella SAM ho fatto letteralmente tutta la trafila, dai primi passi nel minibasket fino alla U17, anche se io al tempo ero ancora un U16. L’ho lasciato nel 2019/2020, quando ho deciso di provare l’avventura all’estero, a Bergamo”.



Cuore di mamma
Cuore di mamma


In mezzo a tutto questo, non potevano mancare le regolari convocazioni con la rappresentativa ticinese:

“Con le Selezioni ricordo di aver vinto praticamente tutti i tornei a cui abbiamo partecipato, unica eccezione l’ultimo con gli U14, con la sconfitta in finale. Ma i ricordi, l’importanza di quelle esperienze va oltre ai risultati e il solo campo di gioco. Una delle cose migliori era il fatto che con molti compagni delle Selezioni durante l’anno eravamo avversari, ci si studiava anche, poi ci si ritrovava a giocare insieme, e tutte le “rivalità” finivano nel cassetto. Infatti ci sono amicizie di quei tempi che durano ancora adesso, penso a Tommaso Facchinetti, o Max Dell’Acqua, ci sentiamo ancora, si va anche in vacanza insieme”.


Momenti dunque importanti nel processo di crescita, tecnica e personale:

“Le convocazioni in Selezione erano sempre uno stimolo. Anche per un ragazzo dell’età che avevamo noi ai tempi, rappresentare il proprio cantone era importante, un bel traguardo da raggiungere”.




"In Selezione amicizie ed esperienze che rimarranno per sempre"
"In Selezione amicizie ed esperienze che rimarranno per sempre"

 

Il Ticino ha il suo fascino, ma a un certo punto la voglia di novità si è fatta avanti:

“Nel 2018, all’Europeo con la Nazionale U16, avevo giocato bene, questo mi ha dato un po’ di visibilità. Sono iniziati allora i contatti con e dall’Italia, uno anche dalla Francia ricordo. Ci ho pensato, parlato con le persone vicine e mi sono detto perché non provare, anche solo come esperienza di vita. Non che sentissi la necessità impellente di partire, ma ho deciso di mettermi alla prova, farlo per me stesso”.


E la possibilità di scelta addirittura non mancava:

“In ballo c’erano soprattutto Bergamo, Trieste e Brescia, ma anche Varese e Cantù. Ho scelto Bergamo Basket per “sentimento” diciamo, era la squadra con cui mi ero trovato meglio ai provini. Non che con le altre non fosse andata bene o mi fossi trovato male, ma con Bergamo c’era stato un feeling particolare”.


Anche se dopo ci ha messo un attimo a svilupparsi per bene:

“L’inizio è stato particolare, non brutto, forse un po’ complicato, perché mi sono ritrovato in una realtà diversa, mi ci è voluto un periodo di adattamento. Avevo nuovi ritmi, scuola al mattino, studio e sport al pomeriggio, cosa che da noi non può succedere per come è strutturato il sistema scolastico. Ci ho messo 5/6 mesi ad adattarmi per bene, ricordiamoci comunque che avevo 15-16 anni. E quando ho preso ritmo, è arrivato il Covid, il “lockdown”, e tutto si è fermato”.


Anche il campo ha richiesto il suo apprendistato:

“Le differenze erano notevoli. L’intensità, in allenamento e in partita, non c’era nessuno che non ci mettesse l’anima, e gli allenatori non ti mollavano un secondo. Poi l’organizzazione. A Bergamo ho fatto i primi due anni nelle giovanili e si giocava anche in serie C, poi il terzo anno ho bazzicato la prima squadra in A2 da aggregato. Eppure a qualsiasi livello il sistema organizzativo era eccellente, professionale, dai trasporti alla possibilità di lavorare sul fisico in sala pesi. Per la scuola poi c’erano dei tutor di supporto. Rispetto a noi, senza critiche ovviamente, tutta un’altra cosa”.



"Con Bergamo è stato subito feeling. Organizzazione eccezionale, in campo e fuori"
"Con Bergamo è stato subito feeling. Organizzazione eccezionale, in campo e fuori"

E una volta fatte le ossa, hai potuto gettarti… nella fossa dei leoni:

“Sì a Cividale ho avuto il mio primo anno vero in A2. Un’esperienza super, non vedevo l’ora di poter assaggiare davvero il campo a quei livelli. Ed è andata anche abbastanza bene, ricordo che nella prima parte di stagione giocai parecchio e bene, poi nella seconda ci fu qualche difficoltà, scesi in campo più a intervalli, magari ne giocavo una e poi l’altra no. Mi sono dovuto adattare, ma è stata una stagione che mi ha migliorato tanto”.


Anche perché, in panchina a Cividale, c’era un certo Stefano Pillastrini:

“Lui è un allenatore storico, con il suo curriculum non ha bisogno di molte presentazioni. Mi ha voluto, cercato, per un anno mi ha inseguito a suon di telefonate, non poteva non convincermi. Ha una conoscenza tecnica impressionante, un sistema organizzativo per la squadra, partendo soprattutto dalla difesa, la sua struttura, gli aiuti e via dicendo che beh,

come dire, mamma mia”.



"A Cividale è stata un'esperienza super, la prima ad alto livello".
"A Cividale è stata un'esperienza super, la prima ad alto livello".


Una stagione in Friuli, come detto altalenante per impiego, e poi via, rotolando verso sud:

“La scelta di Ruvo di Puglia può sembrare un passo indietro, essendo in B è un gradino sotto vero, ma a convincermi è stato il progetto della società, solido e interessante. Al mio arrivo metà squadra arrivava dalla A2, la voglia di salire di categoria era chiara. La rosa è forte, il coach ruota almeno 9 giocatori, tutti con minutaggio piuttosto simile. Personalmente sta andando molto bene, così come per la squadra”.


Casa però è sempre casa, specialmente quando la puoi rappresentare. L’ultimo febbraio è arrivata la tanto agognata convocazione “vera” in Nazionale:

“Il momento della convocazione per la finestra di febbraio è stato intenso, una sensazione bellissima, ero emozionato. Sinceramente pensavo a godermi il momento, avevo pochi allenamenti alle spalle con quel gruppo, poca conoscenza degli schemi, farò il soldatino in allenamento mi sono detto. E invece, grazie anche a degli infortuni, mi sono ritrovato pure a scendere in campo, e non me lo aspettavo. Le prime azioni mi sembrava di gironzolare un po' per il campo lo ammetto (ride ndr.), poi ho preso ritmo e mi sono sciolto”.



In Nazionale
In Nazionale


La strada sembra ormai tracciata, e le ambizioni, calmierate dalla consapevolezza di sé, non mancano:

“Tornare in Nazionale regolarmente di sicuro, trovare la promozione in A2 e affermarmi a questo livello, trovando magari una certa stabilità. Poi vediamo, cerco di vivere comunque una stagione alla volta. Ritorno in Svizzera? Sinceramente, al momento non è nei miei piani”.


Per ogni viaggio, o percorso di crescita che si rispetti, ci vuol sempre una guida, o più d’una:

“Il primo nome da fare non può essere che quello di Franco Facchinetti, un giudizio che racchiude non solo l’allenatore, ma anche la persona. Per me è come uno zio, è stato importante in tanti modi diversi. Poi cito anche Cristiano Iannitti; mi ha allenato per 6-7 stagioni, nel mio sviluppo ha avuto un ruolo non da poco. Ci metto anche Vittorio Vaccaro, avuto nelle Selezioni. Un bel personaggio, un ottimo allenatore e formatore anche lui. Ma sicuramente dimentico qualcuno, perché tutti sono stati a loro modo importanti”.



"Provarci sempre, altrimenti non saprai mai la risposta"
"Provarci sempre, altrimenti non saprai mai la risposta"


Non può mancare un lascito, un consiglio, a chi vorrebbe provare una strada simile:

“Non avere paura di osare, mettersi in gioco e tuffarsi in qualche nuova avventura. Ci sono passato anch’io, ogni tanto ti dici di non essere abbastanza bravo o forte per fare questo o quello, ma se non ci provi non potrai mai saperlo. Io sono felice di averlo fatto”.


 

La scheda:

 

Nome: Nicolò

 

Cognome: Isotta

 

Data di nascita: 30.05.2003

 

Nazionalità: CH

 

Altezza: 191 cm

 

Ruolo: play/guardia


Si ringrazia per le foto: Bergamo Basket, UEB Cividale, Pallacanestro Ruvo di Puglia, Swissbasketball, Mamma Cinzia.

 



 

 

 
 
 

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